TRANSUMANZA

QUESTO BLOG E' IN VIA DI SUPERAMENTO. NE STIAMO TRASFERENDO I POST MIGLIORI SUL SITO DI VIVEREALTRIMENTI, DOVE SEGUIRANNO GLI AGGIORNAMENTI E DOVE TROVATE ANCHE IL CATALOGO DELLA NOSTRA EDITRICE. BUONA NAVIGAZIONE!

mercoledì 29 luglio 2009

Manitonquat.

Di seguito, il comunicato di un'interessante iniziativa estiva al Villaggio Verde.

Carissimi amici e soci del Villaggio Verde
quest'estate, dal 17 al 23 agosto la nostra comunità avrà il piacere di ospitare per la prima volta in Italia il Campo Estivo "La Via del Cerchio", con la presenza di Manitonquat, un anziano leader spirituale nativo nordamericano, promotore del movimento "Circle Way - La Via del Cerchio", di cui potete trovare il programma dettagliato più sotto , insieme al comunicato inviatoci dagli organizzatori.
Dalla recensione del suo libro "Ritorno alla creazione", pubblicato dalla Urra ediz. e tradotto da Marco Massignan traiamo questa interessante presentazione:

Manitonquat (Medicine Story) e' un vecchio, incorreggibile idealista che non ha mai abbandonato la propria visione. Storyteller (cantastorie) , insegnante, consigliere tribale e custode della conoscenza tradizionale, e' leader spirituale della nazione Wampanoag del Massachusetts - Assonet Band, la tribu' che nel Seicento accolse e sfamo' i pellegrini puritani del Mayflower per poi venirne massacrata nei decenni a seguire. Gia' membro del North American Indian Spiritual Unity Movement, dell'Association for Humanistic Psichology e co-fondatore del Tribal Healing Council, conduce programmi di riabilitazione e cerimonie per i detenuti di diverse carceri statunitensi. Da oltre vent'anni tiene seminari e conferenze in Europa e Nord America. Manitonquat inaugura un nuovo sentiero nella ricerca di rapporti umani sostenibili nel mondo di oggi. Facendo tesoro delle conoscenze tradizionali della sua gente e applicandole al cuore stesso delle complesse problematiche che oggi distruggono il pianeta e ci affollano la mente, sa portare all'apice l'arte nativa del raccontastorie, svelando con passione e ritmo le dinamiche che ci imprigionano - e le dinamiche che potrebbero liberarci. La storia, le tradizioni e le profezie dei Wampanoag e di altri popoli nativi prendono cosi' nuova vita, esprimendo i piu' universali valori umani e offrendo soluzioni pratiche ai problemi che attanagliano uomini e donne di ogni eta', cultura e classe sociale.
Grazie alla capacità di integrare l'aspetto spirituale con quello pratico di "decrescita" felice, Manitonquat prende via via in esame gli aspetti di base della convivenza umana: dai rapporti di coppia all'educazione dei bambini, dall'assistenza agli anziani a un'ecologia spirituale fondata sull'amore e sul rispetto. Le tecniche e gli esempi che ha elaborato in una vita di Servizio accanto a sua moglie Ellika sono applicati da anni da numerosi Ecovillaggi, gruppi e singoli individui in molti paesi.
Poichè al momento vi sono ancora diversi posti disponibili, anche se non potete partecipare personalmente, vi invitiamo a diffondere il più possibile tra i vostri contatti la notizia di questa importante opportunità che ci viene offerta: come potete vedere nel dettaglio dei costi, siamo riusciti a proporre dei prezzi davvero contenuti grazie a numerosi volontari che si sono impegnati nell'organizzazione dell'evento e ci aiuteranno nella conduzione del Campo (altri, ma in numero limitato, potrebbero ancora aggiungersi), per cui crediamo che valga davvero la pena utilizzarne al meglio tutte le potenzialità.


un caloroso abbraccio dal Villaggio Verde

Mirai Ebisuno

LINK informativi :

- www.circleway.org (sito di Manitonquat in inglese)

- www.spiritualsupport.net (per informazioni in italiano)

- http://video.google.it/videoplay?docid=-5232908077875299163 (videointervista a Manitonquat)

- http://www.macrolibrarsi.it/libri/__ritorno_alla_creazione.php

Luogo dell'incontro www.villaggioverde.org

Carissimi amici e fratelli di cammino, Manitonquat ha scritto in questi giorni:

Il fatto che voi ed io viviamo la nostra vita in pace con noi stessi e le nostre famiglie mostra che la pace non è un sogno, ma una realtà e che quando si trova quella pace in noi stessi possiamo essere messaggeri di pace. Per me, il prossimo passo nella promozione della pace deve essere quello di contribuire a creare e vivere in una comunità che è pacifica in tutti i modi, che fornisce la base per i bisogni umani di tutti i suoi membri, che secondo me sono la libertà, la giustizia, il rispetto, la vicinanza, l'amore e la cura. Questo è ciò di cui mi occupo - scrivere libri, tenere conferenze, seminari e campi, nella speranza che porterà ad un luogo dove si uniranno altri che la pensano così per contribuire a costruire il nostro sogno, funzionante come in un cerchio fra eguali e usando i nostri attuali strumenti per stare vicini (bastone della parola, clan, co-counseling, ndt), sostenendosi e lavorando con gioia gli uni con gli altri. Ho alle mie spalle molti anni di vita e di creazione di comunità e l'esperienza mi dice che funziona.

Un abbraccio fraterno
e un augurio di buona Vita e buone relazioni con tutti gli esseri.
Caludio -
La via del Cerchio - Italia

Possiamo guardarci negli occhi...
salutarci, ringraziarci...
e sentire che non siamo soli.
(Manitonquat)


SUMMERCAMP 2009- settimana esperienziale -
con Manitonquat (Medicine Story) ed Ellika Linden


La Via del Cerchio dal 17 al 23 agosto 2009 presso il Villaggio Verde - Cavallirio (NO) - Italia

In un cerchio non c´è "più basso" o "più alto", non c´è un ordine gerarchico per quanto concerne il potere o la proprietà, tutti sono uguali, vengono rispettati e trattati nello stesso modo. Quando siamo in un cerchio è come essere a casa, e quando cominciamo a sentire il cerchio, a comunicare l´un l´altro, a condividere le decisioni, i sentimenti, i sogni, i pensieri, a condividere il lavoro, il gioco e la creatività insieme, scopriamo che questo ci dà molta più soddisfazione ed energia.
Manitonquat

Di cosa si tratta

Attraverso la saggezza dei Nativi Americani, Manitonquat ci mostra come possiamo ritrovare l´equilibrio dentro di noi, con gli altri e con l´intera Creazione. Impareremo ad usare il talking-stick, il bastone della parola; faremo pratica con il co-counseling. Ascolteremo storie dei Wampanoag e conosceremo le "istruzioni originarie".

Cos'è un Summer-camp

E' una celebrazione della Vita!
E' un incontro adatto a tutti, anziani, giovani, bambini, famiglie, singles. In un clima di profondo rispetto e gratitudine verso la Vita,la Madre Terra e i Suoi figli vivremo l'ancestrale dimensione del cerchio e del clan (cerchio più intimo).
Manitonquat ed Ellika offriranno sessioni sulla famiglia, sul rapporto con i figli o con i genitori e sul rapporto positivo e creativo fra le persone di un gruppo.
Apprenderemo le istruzioni originarie, l'uso del talking stick (bastone della parola) e del co-counseling (co-ascolto). Strumenti per una comunicazione efficace.
Vivremo la profonda esperienza della capanna del sudore e la sera sarà l'occasione per valorizzare e condividere i nostri talenti, con storie, canti, danze e tanta gioia...

In un quotidiano inno alla Vita il nostro spirito si eleva e si equilibra con Essa, ricreando le condizioni per relazionarci in saggezza ed in piena cura verso i nostri fratelli viventi e umani.

Manitonquat sul summercamp


Il mio obbiettivo è che tutti i partecipanti possano essere più vicini tra loro. Chiedo di creare dei gruppi di supporto di 6-10 persone che chiamiamo "Clan". I Clan si incontrano ogni mattina dopo colazione e si passano il bastone della parola (talking stick) e parlano delle cose che hanno nel cuore. Poi si incontrano con gli altri clan per parlare di problemi pratici come la cura dei bambini, la
preparazione dei pasti o qualsiasi altra cosa sia necessario discutere. Ogni giorno ci sarà un cerchio con tutti i partecipanti del campo e nel pomeriggio diversi seminari. Io ed Ellika insegneremo co-counseling ogni giorno. Nel pomeriggio ci saranno canti e danze con le percussioni, ci sarà un talent-show e cerimonie con i clan che saranno create per l´occasione. Alla fine ci saranno tante risate e lacrime, segni d´amore, cambiamenti e una nuova visione della vita per tutti noi. Sembra che abbiamo finalmente imparato a creare delle comunità come noi e i nostri figli vogliamo e di cui abbiamo bisogno.

La Capanna del sudore

Vivremo l´indimenticabile esperienza della Sweat Lodge (capanna del sudore) antico rito di preghiera e purificazione che ci riporterà nel grembo della Madre Terra per la guarigione della mente, del corpo e dello Spirito, riconnettendoci con i quattro
elementi: l'energia delle pietre (terra) roventi (fuoco) benedette dall'acqua arriverà a noi attraverso il respiro (aria)

Manitonquat


Manitonquat, "Uomo che racconta Storie di Medicina", è Uomo Medicina e Story Teller della tribù degli Assonet-Wampanoag del Massachusetts. Scrittore e poeta, ha collaborato con la rivista Akwesasne Notes e tutt'ora editore di Talking Stick, ha preso parte al Movimento di Unità Spirituale degli Indiani Nordamericani, è stato
cofondatore del consiglio di guarigione tribale e membro dell´Associazione di psicologia umanistica. Insegnante di co-counseling in sei prigioni degli Stati Uniti e persona di riferimento per la liberazione dei Nativi della costa orientale.

Ellika Linden

E´ Svedese e vive con Manitonquat da oltre 20 anni, accompagnandolo nel suo progetto. Conduce seminari di teatro, sulla spiritualità femminile ed insieme a Manitonquat corsi di co-counseling.


Programma

Fino alle 10:colazione col clan, co-counseling, cerchi col bastone della parola.

Dalle 10 alle 12: il grande Cerchio.

Dalle 12 alle 14: pausa-pranzo

Dalle 14 alle 17: seminari ed insegnamenti.

La sera, dopo cena, musiche, danze, raccont i, spettacoli intorno al fuoco.


Sistemazione-alloggio

Ci accamperemo in tenda, ma c'è la possibilità di accogliere anche camper o roulottes. Possibilità di alloggiare in camera (i posti sono limitati). L'ospitalità è riservata ai soci dell'associazione amici del Villaggio Verde (tessera associativa CONACREIS: € 25.00 comprensiva di assicuraizone).


Il luogo


Il Villaggio Verde è una piccola comunità e associazione, sede provinciale del CONACREIS (Coordinamento Nazionale delle Associazioni e delle Comunità di Ricerca Etica, Interiore e Spirituale) e membro della Rete Italiana dei Villaggi Ecologici.
Si trova in località S. Germano a Cavallirio (NOVARA), sulla collina della della Baraggia del Piano Rosa (Riserva Naturale),facilmente raggiungibile da Milano, Alessandria e Torino (vedi la pagina "come arrivare" sul sito www.villaggioverde.org)

Campi e orti coltivati biologicamente, cavalli, prati, un torrente, un piccolo laghetto, il bosco, ampi spazi coperti in caso di pioggia.

Bambini

Nonostante i bambini siano parte integrante del summercamp e di molti momenti di vita insieme, stiamo allestendo un servizio di babysitting per consentire ai genitori di partecipare alle attività giornaliere.

Per favore porta


Stuoie per i cerchi e coperte per la capanna del sudore. Ma soprattutto i tuoi bambini, i nonni, gli amici, le storie, i sentimenti, le idee, i talenti, le esperienze... La tua voce, le percussioni, la chitarra, il flauto, strumenti artistici di ogni genere (per disegnare, per recitare, maschere, giocoleria, aquiloni)...Alcool e droghe non sono ammesse nel campo.

Costi

Oltre alle attività con Manitonquat ed Ellika, il costo comprende: colazione pranzo e cena (vegetariani e con prodotti del nostro orto ) per tutta la settimana.

In tenda 370 € - In alloggio (camere condivise nella foresteria del Villaggio Verde) 440 €.

Bambini anni 0-8: gratis; 8-13: 90 €; 13-18: 150 €

Per chi desidera l'alloggio, dato che i posti sono limitati, consigliamo di prenotare al più presto (meglio se anticipando una caparra).

I costi servono a coprire le spese dell'affitto, dei pasti, dell'organizzazione, della cura dei bambini.

Il resto va a Manitonquat ed Ellika, per sostenere il loro lavoro con gli adolescenti, i carcerati e nella riserva.

Veniamo incontro (nei limiti delle nostre possibilità ) a coloro c he si trovano in serie difficoltà economiche purché disposti a contribuire in altra forma.

Iscrizioni

Si possono effettuare tramite bonifico al conto IBAN IT34P0329601601000066228569 intestato a De Santis Gianluca

Per prenotare con acconto spedite un anticipo di 100 € per ogni partecipante.

Nella causale specificare: "acconto summer-camp" con i nomi di ogni partecipante.

Mandate poi una copia a awarenessbreath@gmail.com con i nomi di ogni partecipante, l'età e la sistemazione.

Per qualsiasi domanda, informazione o richiesta particolare scrivete senza problemi a:

Luca (Livorno): awarenessbreath@gmail.com cell.389.4333150

Lorenza (Milano): cell. 348 2261999

Claudio (Vicenza): laviadelcerchio@gmail.com

cell. 349.6066025

N.B. Il Campo può avvenire solo se spedisci la tua iscrizione e l´anticipo in tempo!!

Ti aspettiamo!

venerdì 24 luglio 2009

La comunità asiatica della settimana: Wongsanit Ashram (Thailandia).

Prima di presentare, brevemente, questa realta’ comunitaria credo sia bene spendere due parole sul fondatore, Sulak Sivaraksa, una figura cardine di un’altra Tailandia, quella che non compare sui dépliants delle agenzie turistiche o sui siti internet con fotografie di ragazze thai.
Sulak nasce nel 1933, studia in Gran Bretagna, ritorna in Tailandia nel 1961
e fonda una rivista di scienze sociali (Sangkhomsaat Paritat) che diventa presto il piu’ importante riferimento, critico, nel paese. La rivista ha un orientamento che potremmo definire, forse un po’ arbitrariamente, socialista e, senz’altro, ecologista. Non bisogna poi dimenticare -a mo’ di corollario- che Sulak e’ anche profondamente buddista. Alla fine degli anni ’60 inizia a prendere parte a molti progetti di sviluppo rurale e di servizio ai bisognosi, in sinergia con monaci buddisti e studenti socialmente impegnati. Diventa una figura centrale in molte ONG, lavorando a livello locale ed internazionale. Nel 1976 la Tailandia vive un tremendo colpo di stato cui fa seguito l’instaurazione di una dittatura militare. Sulak, come dissidente, deve lasciare il paese (molti dei suoi testi -oggi se ne contano oltre cento in tailandese ed inglese- vengono dati alle fiamme) e rimanere in esilio per circa 2 anni. Nel 1984 viene arrestato ma e’ presto rilasciato grazie ad una forte pressione a livello internazionale. Al principio degli anni ’90 deve andare nuovamente in esilio ma riesce, in breve tempo, a rientrare in Tailandia portando il suo caso in tribunale. Ottiene giustizia nel 1995 e, da allora, continua a lavorare quasi indisturbato. Sostiene che la religione sia al cuore del cambiamento sociale e che quest’ultimo sia l’essenza della religione. Sostiene anche che essere realmente religiosi non significhi nascondersi dietro a vuoti rituali ma coinvolgersi in un autentico percorso di trasformazione personale, non rifiutare -asceticamente- la societa’ ma lavorare per l’affermazione di una maggiore giustizia sociale.
Il Wongsanit ashram viene fondato nel 1985 su impulso di Sulak e di alcuni suoi collaboratori. E’ una comunita’ intenzionale orientata ad una vita semplice in cui impegno sociale e pratica spirituale mantengano una posizione di rilievo. Tra i suoi piu’ importanti obiettivi rientra la promozione di uno stile di vita fondato sul Dharma, sull’integrazione di diverse culture e l’ecosostenibilita’, lavorando sul punto di interconnessione tra esseri umani, societa’ e natura. L’ashram non e’ molto distante da Bangkok ma puo’ essere difficile da raggiungere. A chi volesse andarci posso consigliare di visitare il sito segnalato (nella home page cliccare su the network e poi sulla sottofinestra our sister organisations. A quel punto compare l’elenco delle organisations tra cui il Wongsanit ashram) e seguire le istruzioni indicate. Conviene anche utilizzare l’e-mail ed il telefono per eventuali chiarimenti. Il posto e’ incredibilmente tranquillo (una mano santa se si considera quanto frenetica e’ la vita a Bangkok), con una buona biblioteca ed una bella sala di meditazione. Le stanze che si possono prendere in affitto sono piuttosto spartane pur a fronte di un buon rispetto delle norme igieniche. I pasti sono inclusi nel prezzo di permanenza (quando sono stato io erano 150 bath al giorno e non credo sia aumentato) e sono semplici e gustosi.
Il Wongsanit ashram mantiene buoni rapporti con gli altri due ecovillaggi thai segnalati su questo sito (Pun Pun e Panya Project) avendo contribuito alla loro fondazione ed al loro sviluppo.

Wongsanit ashram, PO Box 1, Ongkharak Nakhorn Nayok 26120, Thailand.
Tel +66(0)37333-183, Fax +66(0)37333-184.
E-mail ashram@semsikkha.org
Sito internet www.sulak-sivaraksa.org

mercoledì 22 luglio 2009

La coscienza trascendente.

Sono ben contento di presentare qui alcune riflessioni di Bhakti Binod, presenti sul sito riflessioni.it. Ho conosciuto Bhakti Binod a Varanasi, in India. Avendo l’eta’ di mio padre, l’ho soprannominato Daddy. Nel corso di circa un mese, ho avuto modo di assaporare la sua fragranza spirituale, frutto di oltre trent’anni di rigorosa ricerca, oltre ad alcuni aspetti che ho trovato decisamente spassosi (quando qualcuno gli domanda cosa faccia nella vita lui risponde sollecito e risoluto: niente!).
In veste, naturalmente, romanzata, Daddy è entrato nel mio primo romanzo che stavo finendo di scrivere proprio nel periodo in cui ci siamo conosciuti, “Un giardino dell’Eden”, presto in libreria con la viverealtrimenti ltd.
Ne riporto, di seguito, alcuni passaggi di ambientazione indiana (varanasina) relativi all’incontro ed all’amicizia tra il protagonista — Siddharta — ed il personaggio citato:


Daddy veste regolarmente un pajami (abito tradizionale indiano, del tutto assimilabile ad un nostro leggero pigiama) color zafferano e calza pianelle da doccia o sandali indian-style.
Anche Siddharta ha comprato una mini-serie di pajami e due paia di sandali indian-style.
Sta difatti maturando la consapevolezza che una delle cose più belle che ci si possa permettere in India è proprio starsene in pigiama e ciabatte tutto il giorno, in casa come in strada e che questo non può non agevolare un auspicato rilassamento del corpo e dell’anima.
Siddharta trova in Daddy un impareggiabile teorico del rilascio di ogni inutile tensione.
Daddy è un pensionato-baby che ama crogiolarsi in un dolce — ma religiosamente sensato — far niente, proponendo, se ispirato, un piccolo prontuario del “fancazzismo”.
Le sue parole risuonano come echi di una saggezza principiale: “se ti viene voglia di lavorare, siediti e aspetta che ti passi!”.
Questo naturalmente non può non solleticare l’intelletto di Siddharta a dare dei contributi.
I due passano dunque tempi “non orologiabili” a filosofare sul fatto che la vita a volte è spietatamente dura, carica di asperità ed eventi fuori-controllo che possono irrompere con la furia di un toro incazzato.
Considerano quanto possa dolorosamente incidere il fardello di sofferenza inevitabile, soffermandosi a lungo sul concetto buddista di dukha fino a che si viene a configurare, sostanzialmente scontata, la conclusione di Daddy.
Sembra quasi sprizzargli fuori giocosa dagli occhietti furbi o sgusciare birichina tra i suoi pochi denti dell’arcata superiore: “e vuoi pure lavorà?!”.
Di qui finiscono ad esaltare figure come quelle degli swami o dei samnyāsin, che si spostano da un ashram all’altro portandosi dietro la propria sadhana e poco più.
Sull’onda dell’entusiasmo, si ritrovano più volte a girovagare su autobus scarburati, di stravecchia lamiera rattoppata e stipati di indiani odorosi.
Fanno sosta in slarghi disastrati per sorseggiare, tra la polvere, chai da bicchierini monouso in plastica o terracotta o ingozzare bocconi di somoza o pakora avendo in dotazione appena le mani e piattini patetici di carta. Camminano poi lungamente sotto il sole, con le teste avvolte in foulards colorati. Raggiungono ashrams rintanati tra le colline dove meditano e mangiano su piatti di foglie accuratamente intrecciate.
Incontrano gli occhi serafici e vigorosi di anziani rinuncianti, si intrattengono senza tempo con loro, dividendo anche solo un denso silenzio per poi ritornare nell’assordante Varanasi e farsi strada tra la tanta, tanta umanità e animalità e la vecchia ferraglia a pedali e venditori di hashish nella complice oscurità […]

E’ giunto ora il momento di lasciare spazio a Daddy, quello “autentico”, Bhakti Binod ed alle sue riflessioni:

Un viaggio di ricerca non è altro che il susseguirsi dell’insieme dei pensieri che hanno attraversato ed attraversano lo spazio mentale. Pensieri legati alla conoscenza ed alle esperienze trattenuti nella memoria. Dio, la Vita con tutte le sue sensazioni, emozioni, piaceri e dolori, aspettative e accadimenti, cosa sono in realtà, se non tutto ciò che realmente non è? Quando penso a me come un “io“, un ego, quello che posso capire con certezza è che quel ”io” non è altro che un “ombra”. Tutto ciò che attraversa la mente non sono che idee e concetti con cui ci identifichiamo creando così la nostra individualità rafforzata dall’identificazione con l’aspetto fisico, individualità inconsistente come sono le basi su cui si fonda.
Normalmente noi non agiamo, ma reagiamo spinti dalle nostre paure inconsce verso gli avvenimenti ed ai fatti della vita, sia sociale che famigliare. La reazione è della personalità, cioè del nostro coinvolgimento con essa, osservando questo, piano, piano, attraverso l’esercizio dell’osservare incomincia la disidentificazione, (I padri del deserto solevano dire se vedi il demone questi si dissolve), ed è così che nasce il giusto atteggiamento verso tutti gli accadimenti che la Vita ci porta sia essi dolorosi o piacevoli, sia comunitari od eremitici, ci sono degli eremiti che litigano con l’altro eremita per un pezzo di legno ed altri che vivono in società conservando nel loro cuore un equilibrio immutabile quale è la differenza? La differenza è che uno ha delle aspettative e l’altro No. Dobbiamo debellare il demone della paura e nulla ci coinvolgerà più se non in modo apparente poiché il sapere che qualsiasi accadimento non potrà neanche avvicinarsi alla nostra vera natura e che in questa non c’è divisione con gli altri che hanno un corpo-mente differente dal nostro.
Prendiamo l’esempio di un campo di grano o di un vigneto, non c’è una spiga od un grappolo uguale all’altro eppure anche se l’aspetto è differente il contenuto, la sostanza l’essenza è la stessa. Nell’unità chiamata farina e vino non c’e più divisione. Così anche negli esseri composti dai cinque elementi la cui differenza di composizione li fa apparire diversi, quello che li unisce è quell’energia o forza di coesione che è unica per tutti.
E già il sapere profondamente questo ci porta verso una consapevolezza del legame con l’altro. Ma bisogna sapere che anche questa energia fa parte della personalità egoica ed anche da questa dobbiamo disidentificarci e solo così entreremo nello stato di assenza delle mancanze, cioè Unità e Completezza (JNANA), come nel sonno profondo, senza che ci sia un “io” che lo sappia. La differenza che sorge è che nel sonno profondo uno si addormenta ignorante e ritorna al risveglio fisicamente e mentalmente riposato, ma rimanendo nello stato di ignoranza. Ritornando dalla Completezza, si ritorna Saggi, la saggezza non è dovuta al ricordo dello stato Assoluto, ma dal ricordo di uno stato intermedio in cui si vive con gli attributi dello stato Assoluto, completamente Pacificati, è lo stato del Bhakti. Alcuni, non ne conosco le ragioni, rimangono anche se hanno un corpo nello stato Assoluto, cioè con una personalità apparente, come un foglio di un libro che seppure bruciato si può ancora leggerne lo scritto, altri rimangono nello stato descritto della bhakti, altri rientrano con la loro personalità nel Film della Vita, (non a caso uso questo termine), con la sola consolazione di sapere che non sono le reali personalità che appaiono. Per questi ultimi ci sono ancora piaceri e dolori, ma non ne vengono coinvolti se non momentaneamente, il loro stato è uno stato di costante contentezza interiore.
Nasce una creatura a cui si da un nome e quindi per questa inizia un viaggio in quella che chiameremo vita. Trova dei genitori ed una società che iniziano a dirgli ciò che è bene e ciò che è male, il bambino/a cresce iniziando ad avere le proprie esperienze di ciò che è piacevole e ciò che non gli piace. L’imposizione della società e dei genitori, convinti della bontà dei loro pensieri, gli impediscono di sentire il contatto che egli ha con l’Armonia Universale. Identificandosi con i pensieri, con le emozioni, con i sentimenti e soprattutto con i ricordi, nasce la personalità che varia nel corso del tempo perché variano le acquisizioni intellettive e le esperienze. In poche parole ci facciamo un’immagine della persona che siamo. Talvolta sentendo impulsi che non sono aderenti all’immagine che ci siamo fatta di noi, per paura delle conseguenze che ne potrebbero derivare o dalla mancanza di coraggio nell’affrontare le critiche della gente, entriamo in stati di frustrazione che non ci permettono di essere in pace né con noi stessi né con gli altri.
La nostra mente con l’immaginazione ed i ricordi piacevoli ci spinge verso il piacere cercando di allontanare tutto ciò che per noi è spiacevole e doloroso. Noi non conosciamo ciò che è realmente bene per noi e che ciò che ci serve veramente è talvolta molto doloroso, perché per il Nuovo bisogna abbandonare il vecchio a cui siamo abbarbicati con tutte le nostre forze. Mi riferisco a tutte le nostre abitudini, agli attaccamenti materiali ma anche e soprattutto all’idee mentali. La mente, anzi i pensieri con cui ci identifichiamo e su cui basiamo le nostre indiscusse sicurezze, la paura di perdere ciò che crediamo di essere, la paura dell’infelicità e l’illusione di poter raggiungere un piacere che possa essere duraturo, ci impediscono di pensare che potremmo non essere questo corpo-mente nel quale ci identifichiamo e quindi ci sfugge la spinta ad indagare chi siamo e quale sia la nostra vera natura. L’insieme delle esperienze passate incamerate nella memoria, i desideri proiettati con l’immaginazione nel futuro sono il guinzaglio a cui siamo legati che ci fanno agire pensando che siamo noi a volerlo e talvolta, l’agire si impone, anche se non vogliamo.
San Paolo dice: “Non faccio il bene che vorrei e faccio il male che non vorrei”. Arjuna nella Bhagavad Gita chiede: ”O Krishna, cos’è che spinge l’uomo a commettere peccato, anche contro la sua volontà, come se vi fosse costretto per forza?” Il Signore Krishna risponde: “E’ il desiderio che è il grande nemico”.
Quindi con la mente, proiettata all’esterno, ci siamo identificati con la falsa personalità, inesistente ed illusoria finendo per credere che l’irreale sia il Reale. Certamente non è facile, volgere la mente all’interno, infatti sempre nella Bhagavad Gita Arjuna dice: “perché la mente è irrequieta, o Krishna; è impetuosa, forte e difficile da piegare. Ritengo che sia impossibile controllarla, che sia come voler controllare il vento”. Il Signore Krishna gli risponde: ”Senza dubbio, o eroe dal possente braccio, la mente è difficile da controllare ed è irrequieta ma non è impossibile; può essere controllata (rivolta all’interno) dall’esercizio costante e con la pratica del distacco”.
Penso che un po’ di riflessione su quello che è paragonata la mente ci aiuterà senz’altro a non scoraggiarci ed a perseverare fino a che la mente rientri in se stessa.
Vivekananda (monaco Indiano), paragona la mente umana ad una scimmia infuriata, che viene ubriacata, (la scimmia anche se sobria è irrequieta per natura), in più la scimmia viene punta da uno scorpione che la rende ancora più agitata, ed alla fine viene posseduta da un demone. La mente per sua natura genera un’incessante attività, il desiderio dei piaceri la inebriano, la gelosia la punge e il demone dell’orgoglio la insuperbisce. Ancora della mente in India si dice:

“Potresti controllare un elefante impazzito,
potresti chiudere la bocca all’orso ed alla tigre,
potresti cavalcare il leone,
potresti giocare con il cobra,
potresti renderti invisibile,
potresti farti servire dagli dei,
potresti rimanere sempre giovane,
potresti camminare nell’acqua e nel fuoco,
ma controllare la mente è meglio e più difficile”.


Da quanto detto sembra un compito veramente arduo, ma non ci rimane altro che rimboccarci le maniche se vogliamo ritornare alla Sorgente. Osservando la “scimmia” e non alimentandola più, prima o poi si dovrà per forza di cose tranquillizzare.
A questo proposito penso che le parole, di Ramakrishna Paramahansa, possano aiutarci: ”I pensieri sono come gli uccelli, non puoi evitare che passino sopra di te, ma puoi evitare che facciano il loro nido sulla tua testa.”
Un altro aiuto ci può venire dal racconto, che il Divino Maestro Dattatreya dà al suo discepolo Parasurama. E’ un racconto tratto da un Sacro testo chiamato Tripura Rahasya e nel testo la regina Hemalekha, (anima o coscienza individuale, chiamata Jiva), racconta, simbolicamente la storia della sua vita per trasmettere la sua saggezza a suo marito, il principe:
Principe ascolta questa mia vecchia storia. Molto tempo fa mia madre, (la pura coscienza), mi trovò un’amica, Buddhi (intelletto), di natura buona (cioè virtuosa), con cui giocare. Ma questa amica, senza che mia madre lo sapesse, conobbe e divenne amica di una donna scellerata il cui nome era Avidya, (ignoranza), capace di creare e manifestare un suo proprio mondo. La sua vita era piena di cose false. Anch’io per amore della mia cara amica, che non lasciavo neppure per un istante perché mi era cara più della mia stessa vita, mi associai ad Avidya (ignoranza). In seguito questa donna, segretamente, (cioè senza che mia Madre lo sapesse), avvicinò la mia amica a suo figlio Moha, (attaccamento), il quale era totalmente insensato; essendo alcolizzato era sempre eccitato ed instabile. Lui iniziò a possederla, a dispetto della sua volontà, anche in mia presenza. La mia amica cosi soggiogata divenne, giorno dopo giorno, sempre più miserabile. Ma, a dispetto di tutto, la mia amica non mi lasciò mai, così neanche io l’abbandonai. Dopo qualche tempo dall’unione nacque un figlio, Asthira (mente instabile), identico al padre stolto.
[1) Anche quando sopraffatto dall’illusione tutte le funzioni dell’intelletto continuano ad essere illuminate dalla Luce della coscienza individuale o Anima.
2) A causa dell’identificazione dell’intelletto, l’anima si considera afferrata dall’inganno e dalla delusione.
3) L’intelletto sopraffatto dall’illusione partorisce il figlio “ la mente”. La somiglianza o l’identicità, riferita al padre, si riferisce alla falsità della sua natura.]


Il figlio crebbe rapidamente divenendo un giovane il cui stato era estremamente scostante e capriccioso. Aveva la stoltezza del padre (Moha) e la creatività data dall’ignoranza della nonna, Avidya.
[la mente, figlio della delusione, è sciocca. La sua abilità, come la nonna ignoranza, è di provocare false percezioni e creazioni].


Asthira, (mente instabile), era molto abile nel fare strane creazioni, molto furbo, istruito dalla nonna paterna Avidya, (ignoranza) e dal padre Moha, (attaccamento), raggiunse senza ostacoli e velocemente la completa abilità in ogni tipo di attività.
[La nonna Avida (ignoranza) è chiamata anche Sunya (vuoto) poiché l’ignoranza non ha nessuna sostanza di realtà alla luce della coscienza].
Così la mia amica, Buddhi, (intelletto), pur essendo pura e virtuosa dalla nascita, a causa dell’associazione con quella donna perversa, cadde in uno stato di falsità e miseria.
[l’intelletto, sebbene consista di Sattva Guna (o purezza), a causa della sua associazione con avidya (o ignoranza) viene modificato da Rajoguna (o passione) e da Tamoguna (o inerzia)].

La mia amica Buddhi (intelletto), a causa della lunga associazione con la sua amica Avidya (ignoranza), dell’unione con il suo amante, Moha, (attaccamento) e l’affetto verso suo figlio Asthira (mente instabile), gradualmente dimenticò il suo affetto nei miei riguardi. Io, sincera e semplice per natura non potei abbandonarla, ero con lei in ogni circostanza.
[la Coscienza individualizzata (o Jiva), identificandosi con l’intelletto considera le funzioni di quest’ultimo come proprie]

In seguito, lo sciocco amante, Moha, (attaccamento), che sempre approfittava di lei per puro piacere, cercò forzatamente di possedermi, ma, essendo io pura per natura, in realtà, egli non potè sopraffarmi.
[La coscienza individualizzata (o Jiva) è intangibile dalla delusione anche se associata con essa o ha le sembianze dell’intelletto].

La gente, che non conosceva come stessero le cose, pensò che anch’io mi fossi unita allo sciocco Moha, (attaccamento). La mia amica mi affidò suo figlio Asthira, (mente instabile), in quanto lei, in balia del suo amante dedicava tutto il tempo alle effusioni amorose con lui.
Asthira (mente instabile) fu nutrito e allevato da me con grande affetto, fin quando, spinto dalla nonna paterna, Avidya (ignoranza), intrecciò una relazione con Kalpana, (immaginazione), una donna adulta.
Kalpana, (immaginazione), aveva la capacità di assumere, all’istante, qualsiasi forma piacevole e affascinante che il suo innamorato gli chiedesse. Così lei che era estremamente furba, portò con la sua abilità, l’amante sotto il suo completo controllo.
Ogni volta che Asthira voleva andare in qualche luogo, Kalpana, (immaginazione), era sempre pronta ad accompagnarlo e a compiacerlo assumendo le forme più attraenti e piacevoli per lui. Così, dall’unione di Kalpana e Asthira, nacquero cinque figli, molto legati ai loro genitori. Ognuno di loro era esperto nella propria attitudine. La mia amica mi affidò i suoi figli che furono allevati da me.
[i cinque figli sono i cinque organi dei sensi cioè l’udito, il tatto, l’olfatto, la vista e l’odorato. La Mente e l’immaginazione sviluppano i sensi della percezione, per questo diciamo che i figli sono legati ai genitori. Essi sono affidati all’Anima (o coscienza individualizzata) fin quando in seguito si identifica, nella vita del mondo, con la percezione sensitiva].

Essendo devota alla mia amica, li allevai con molta cura e crebbero forti. In seguito i cinque figli di Kalpana (immaginazione), si costruirono ciascuno una eccellente e meravigliosa casa. Incoraggiati dalla madre, portarono il padre sotto il loro controllo.
[le case rappresentano gli organi esterni della percezione: le orecchie, la pelle, gli occhi, la lingua ed il naso].

Il figlio più grande invitò il padre Asthira nella sua casa e mettendolo a suo agio gli fece ascoltare magnifica musica e suoni sempre più affascinanti quali il ronzio dell’ape, il suono delle campane, la recita di inni etc… Quando il figlio si accorse che il padre era sotto il suo potere gli fece ascoltare suoni terrificanti come il ruggito di bestie feroci le grida di dolore delle persone e l’urlare della gente terrorizzata.
Il secondo figlio lo invitò nel suo palazzo dove, felicemente compiaciuto, trovò lussuosi e morbidi letti, morbidi divani e lussuosi vestiti. Dopo un po’ ebbe esperienza di altre sensazioni quali il duro, caldo e freddo e quindi era contento per ciò che era piacevole e scontento per quello che era sgradevole.
Andò nella casa del terzo figlio, dove vide diversi oggetti con diversi colori, bianco, giallo, verde, marrone ecc. oggetti dalle forme piccole e grandi, belli e brutti, spaventosi e triviali, radianti o spenti.
Il quarto figlio lo portò nella sua dimora, dove trovò tutti i tipi di frutti dal sapore dolce come il nettare; poté gustare tutti i tipi di bevande dolci ed agri, gustò cibi prelibati e delicati, ma anche amari e disgustosi.
L’ultimo figlio lo portò nella sua abitazione dove era intrattenuto dalla fragranza di molte erbe ed fiori, odori alcuni piacevoli e delicati, altri forti e nauseanti.
Asthira (mente instabile), poteva andare, ogni qualvolta lo volesse, a casa dei figli, in quanto questi gli erano molto devoti, e avere le esperienze sia piacevoli che penose che potevano essere fatte nelle loro dimore. I figli a causa dell’affetto verso il padre, non toccavano niente se non in sua presenza. Ma essendo lui sempre insoddisfatto incominciò a rubare alcune cose dalle loro case, portandole nella sua dimora, per poi condividerle con sua moglie.
[la dimora di Asthira o mente instabile è il cuore interiore di una persona dove ha origine il pensiero. Là, la mente si diletta con gli oggetti attraverso la memoria].

Poi, Asthira, (mente Instabile), venne sedotto dalla sorella della moglie Kalpana, (immaginazione), così sposò anche lei. Quest’ultima, il cui nome era Mahasana, (voracità), era perennemente insoddisfatta ed insaziabile e Asthira, che era molto attaccato a lei, per compiacerla, era sempre affaccendato insieme ai cinque figli a procuragli le cose che lei consumava in un batter d’occhio.
[la sorella è Mahasana o Desiderio sempre insaziabile, avido e vorace]
Dall’unione nacquero due figli, Jivalamukha, (Grande fuoco), il più grande e Nindyavrtta, (Cattivo temperamento), l’altro, entrambi molto attaccati alla madre.
[Jvalamukha è Krodha (rabbia); Nindyavrtta è Lobha (Avidità).]

Quando Asthira, (mente instabile), abbracciava la nuova moglie Mahasana, (Voracità), sentiva l’intero suo corpo avviluppato dalle fiamme di Jvalamukha, (Grande fuoco) e estremamente afflitto sveniva. Quando si associava all’altro figlio, Nindyavrtta, (cattivo temperamento), veniva criticato da tutti e lui si sentiva depresso e più cattivo. Quindi le sue condizioni erano miserevoli. Passava da una sofferenza ad un’altra.
La mia amica a causa del grande affetto verso suo figlio Asthira ed essendo associata a lui, era sopraffatta dal fardello di preoccupazioni che gli sorgeva dal dolore del vedere il figlio tanto infelice. Associata con Nindyavrtta, (cattivo temperamento), e anche abbracciata da suo nipote Jvalamukha, (grande fuoco), veniva tormentata e diffamata dalle persone e divenne come morta. Caro! Anch’io, che non la lasciavo mai la mia amica, divenni quasi persa.
[quando le limitazioni dell’intelletto nella forma di rabbia e avidità gettano la loro ombra, la natura consapevole dell’anima non risplende e quindi sembra essere persa.]

Così, per molti anni, fui angosciata a causa del dolore della mia amica Buddhi. Asthira, sempre più dipendente da Mahasana, (voracità), venne completamente soggiogato da lei.
A causa del Karma, raggiunse un luogo dove c’era una città con dieci cancelli. Là visse con Mahasana, con i suoi figli, con sua madre e con altri, desiderando felicità, cercando il piacere, ma trovò solo miseria e dolore, giorno e notte. Bruciato da uno dei figli e tormentato e diffamato dall’altro, giorno dopo giorno, tutto il tempo sbattuto qua e là, dalle sue due mogli, cercò di trovare un po’ di quiete nelle dimore dei suoi cinque figli ma provò solo delusione e sconforto, senza ottenere un solo istante di felicità. La mia amica pur essendo estremamente angosciata per le condizioni del figlio, rimaneva a vivere là.
Mahasana, (voracità), con i figli, Jvalamukha e Nindyavrtta e aiutata dalla co-moglie Kalpana, (immaginazione), portò Asthira, suo marito, completamente sotto il suo controllo.
Caro! Sebbene fossi quasi moribonda a causa del dolore della mia amica anch’io, rimasi lì altrimenti se li avessi abbandonati un solo istante, nessuno di loro sarebbe potuto restare in città poiché ogni cosa era da me protetta. A causa dell’associazione con i miei amici divenni della stessa loro forma. Così mi sentii vuota a causa di Avidya, sciocca a causa di Moha, instabile a causa di Asthira, mutevole con Kalpana, infuocata a causa di Jvalamukha e Nindyavrtta. Ma se li avessi lasciati sarebbero periti istantaneamente.
[E’ dalla presenza dell’anima o coscienza individualizzata che tutte le entità si muovono ed hanno sostegno, e a turno loro nascondono la reale natura dell’anima.]

A causa della loro compagnia la gente comune mi considerava adultera, ma le persone con acuta discriminazione sapevano che ero immacolata.
Mia Madre, molto pura e casta è più vasta del cielo e più sottile dell’atomo. Sebbene sia Conoscenza, non conosce niente, sebbene faccia tutto è immobile, sebbene sia il substrato di tutto Essa non ha supporto; sebbene sostenga ogni forma Lei è senza forma.
[tutte le cose appaiono perché illuminate dalla pura coscienza, così Lei è il supporto di tutto. Ma niente (nessuna cosa o essere) a parte Lei esiste in Lei].


Sebbene sia associata ad ogni cosa Essa rimane inalterata; sebbene splenda dappertutto, non è vista né conosciuta da nessuno in nessun luogo. Sebbene sia Beatitudine, ne è priva (priva perché, separatamente da Lei, non c’è chi possa beneficarne). Non ha padre né madre, ma innumerevoli, come le onde del mare, sono le sue figlie come me. Principe! E come me, le mie sorelle, condividono la stessa mia sorte.
Io sono in possesso del grande Mantra. Quindi sebbene devota e associata a questo gruppo di amici, io rimango sempre pura uguale a mia Madre, nella mia Reale natura.
Quando il figlio della mia amica, Asthira è completamente stanco in questa città, si addormenta in grembo alla madre. Quando Asthira dorme, anche i suoi figli e tutti gli altri si addormentano. Nessuno rimane sveglio. Per tutto il tempo in cui tutti dormono, l’amico fedele di Asthira, il cui nome è Pracara, muovendosi ripetutamente tra i due cancelli, protegge tutta la città.
[Pracara (energia vitale) è il Prana. I due cancelli sono le narici.]

La mia amica Buddhi, (intelletto), suo figlio Asthira, (mente instabile), e la sua amica Avidya, (ignoranza), che era una cattiva donna, proteggevano i dormienti. Quando loro tutti dormivano io raggiungevo mia Madre rimanendo felicemente abbracciata da Lei per lungo tempo. Ma ogni giorno al risveglio dei dormienti ero obbligata a ritornare nella città.
[durante il sonno profondo la coscienza individualizzata (Jiva) è assorbita nella pura indivisa coscienza, sebbene tale assorbimento venga velato dall’ignoranza.]


Pracara, (l’energia vitale), l’amico di Asthira, (mente instabile), che ha grande potere, nutre tutti e tutti i giorni, cominciando da Asthira. Egli è colui che, pervadendo l’intera città ed i suoi abitanti, tenendoli uniti, come il filo di una collana tiene unite le perle una alle altre, nutrito da me, li protegge e li mantiene in vita. Pracara è il legame tra me e gli altri. Animato da me controlla tutte le attività nella città.
[La mente ed i sensi hanno coscienza solo attraverso l’energia vitale di cui la grossolana manifestazione è il respiro.]

Quando la città è logorata, Pracara li conduce tutti immediatamente in un'altra città. Così sostenuto da Pracara, (energia vitale), Asthira (mente instabile), governò, nel corso del tempo su molte e strane città. Asthira, sebbene figlio di una brava e virtuosa donna, sebbene potesse fare ricorso al grande potere del suo amico Pracara e sebbene fosse sempre teneramente curato da me, era sempre tormentato e addolorato, soffriva tremendamente.
A causa delle sue due mogli, Kalpana e Mahasana, dei suoi due figli Jvalamukha e Nindyavrtta e anche degli altri cinque figli, Asthira era sbattuto da ogni parte. Con il cuore spezzato dalla grande angoscia, privato dalla benché minima felicità, veniva spintonato qui e là dai suoi cinque figli.
Talvolta disturbato da Kalpana, (immaginazione), si sentiva addolorato. A causa di Mahasana, (voracità), vagava in cerca di cibo (piaceri). Sopraffatto da Jvalamukha, tormentato da capo a piedi cadeva svenuto senza conoscere rimedio. Stando con Nindyavrtta, veniva disprezzato e ingiuriato dagli altri, sopraffatto dal dolore era come morto.
Accompagnato dalle sue cattive mogli e figli, sempre condotto da loro, Asthira visse in varie e strane città. Qualche volta visse in terre affollate, qualche volta in vaste foreste mangiando radici, qualche volta in posti caldissimi, altre volte in posti freddi e gelati; o in posti putridi o in buie grotte. Così, quando il figlio, Asthira era afflitto da grande dolore, la mia amica veniva completamente sopraffatta dal dolore che gli derivava sempre dalla cattiva associazione con queste persone.
Caro! Sebbene io fossi pura e buona di natura, essendo associata alla sua famiglia, ne rimasi coinvolta.
Chi potrebbe invero sperare di ottenere anche un briciolo di felicità in cattiva compagnia? Sarebbe come cercare di voler estinguere la sete andando in un deserto. Dopo lungo tempo passato in queste condizioni, la mia amica Buddhi (intelletto), avvilita e sconcertata senza essere vista da nessuno, (cioè senza la percezione dei sensi), si avvicinò a me. Consigliata da me, si unì con un buon marito, conquistò suo figlio, e dopo aver ucciso e imprigionato gli altri suoi figli, unitasi a me, giunse velocemente nella città di mia Madre.
[Consigliata da me = Vairagya (libertà dagli attaccamenti = distacco).]
[Buon marito = viveka (discriminazione)].
[Figlio conquistato = la mente.]
[I figli uccisi = Krodha (Rabbia) e Lobha (avidità)].
[I cinque figli imprigionati = i cinque sensi.]
[Unita a me indica : l’osservare come pura autocoscienza libera da pensiero].
[la città di mia Madre è il Cuore, l’Ultima Realtà.]

Abbracciando sempre più mia Madre, essa divenne libera e fu subito sommersa da un oceano di beatitudine, il suo stato normale. (Completa unione con la Pura Coscienza Individualizzata).
Signore! Ottieni così anche tu la felicità eterna, allontanandoti dalla cattiva condotta a causa dei cattivi amici e raggiungi Tua Madre. Signore! Ti ho narrato come si può conseguire Questa Beatitudine in cui io dimoro.

giovedì 9 luglio 2009

La comunita' asiatica della settimana: Panya Project (Tailandia).

Panya Project, al pari del vicinissimo Pun Pun (sono a circa un quarto d’ora a piedi l’uno dall’altro, su un sentiero a volte fangoso che si dipana nella suggestiva campagna tailandese) vuole essere un piccolo modello di insediamento frugalmente ecostenibile.
A Panya Project come a Pun Pun vengono proposti diversi corsi, in particolare di Natural Building (costruire in maniera naturale: la verace bio-edilizia cui ho accennato a proposito della vicina esperienza comunitaria) e permacultura.
Vi risiedono stabilmente, al momento, appena tre o quattro persone tailandesi e la lingua parlata e’ fondamentalmente il thai (per quanto si possa avere la fortuna di incontrare uno dei fondatori, Christian Shearer, qualche altro occidentale o tailandese con una buona padronanza dell’inglese). Trattenersi alcuni giorni a Panya Project, in periodi “morti”, in cui non vengano corsi, puo’ dunque presentare qualche difficolta’ in piu’ ma, dato il minore transito, puo’ anche essere un’opportunita’ per assaporare una dimensione di profonda tranquillita’. Non va del resto dimenticato che la vicinanza di Pun Pun puo’ attutire un eventuale senso di isolamento.

Panya Project, PO Box 5, Mae Taeng, Chiang Mai, 50150, Thailand
Tel +66-87-181-8821
E-mail panyaproject@gmail.com
Sito Internet www.panyaproject.org

mercoledì 1 luglio 2009

Dell'utopia e dei piedi per terra.

Di seguito la relazione che ho proposto all'incontro "Ecovillaggi; quali soluzioni per uscire dalla crisi", nell'ambito del festival La Città Olistica.
Il festival, della durata di due giorni (23-24 maggio), è stato organizzato dal CONACREIS nella bella cornice di Villa Sorra, a Panzano di Castelfranco Emilia (Modena).
La relazione:


Quando sono stato contattato da Alfonso del Conacreis per la logistica della mia permanenza a Castelfranco Emilia e lui ha citato la Via Emilia ho avuto un piccolo-grande moto di emozione. Non credo di averla percorsa fisicamente prima di questi giorni, almeno non me ne sono mai accorto ma, da oltre vent’anni, ascolto le canzoni di Francesco Guccini. Fra la via Emilia ed il west è stato uno dei suoi album, dal vivo, di maggior successo e dunque pur non avendo mai percorso, almeno fino a ieri, la Via Emilia è come se avesse fatto parte, da tempi lontani, dei miei tracciati esistenziali. Francesco Guccini ha cantato e canta, tra le altre cose l’utopia, “il mondo che faremo”. L’utopia: «l’utopista accende delle stelle nel cielo della dignita’ umana ma naviga in un mare senza porti», scriveva un grande utopista del Novecento, Camillo Berneri, anarchico, una delle menti più brillanti dell’anarchismo italiano, ucciso in Spagna, a soli 37 anni, nel corso della guerra civile, da soldati dell’armata rossa. Ucciso per la pericolosità delle sue idee perchè come guerrigliero valeva davvero poco, non foss’altro per la sordità che lo affliggeva. Mi aveva raccontato una sua parente, che gestisce l’archivio della famiglia Berneri a Reggio Emilia, che Camillo non stette molto sulle barricate perchè quando iniziavano a fischiare le pallottole lui non se ne accorgeva, dunque non si abbassava e rischiava di diventare un facile bersaglio. I compagni lo pregarono di fare ciò che gli riusciva meglio: pensare e scrivere. Doveva essere, giocoforza, solo un teorico della rivoluzione sociale. La sua frase «l’utopista accende delle stelle nel cielo della dignita’ umana…» è una delle più belle che abbia mai sentito sulla profonda valenza, individuale, esistenziale e sociale dell’utopia. Mi piace la relazione in cui Berneri l’ha posta con la dignità dell’essere umani, una dignità calpestata infinite volte nella storia: "uno scandalo", scriveva difatti Elsa Morante, "che dura da diecimila anni". Una dignità che purtroppo vedo calpestare di continuo nell’India castale, dove vivo la maggior parte del mio tempo da quasi 4 anni. Uno spettacolo che mi ha fatto rivalutare le radici cristiane della nostra cultura, la percezione non gerarchica dell’altro come un fratello, fratello di sventura e di “grazia”, nel momento in cui soffre per tutto quello per cui soffriamo anche noi (o quasi) e gioisce di tutto quello che dà anche a noi piacere; che ha bisogno, come noi, di amore ed ha grossomodo le stesse paure: della morte, della solitudine, delle malattie, delle invalidità, sue o dei suoi cari.
«Un uomo senza utopia e’ un mostro di istinto e raziocinio; una specie di cinghiale laureato in matematica pura», sosteneva un altro grande utopista dei nostri giorni: Fabrizio De Andrè. Eppure, De Andrè aveva uno splendido agriturismo in Sardegna e guadagnava bene con i diritti sui dischi. Questo lo faceva talora oggetto di critiche nell’ambito del movimento anarchico (lui stesso, com’è noto, si professava tale). Avrebbe dovuto rifiutare i circuiti ordinari delle case discografiche puntando, piuttosto, sull’autoproduzione, sostenevano alcuni anarchici. Io trovo invece che essere stato distribuito nei circuito ordinari ha permesso a De Andrè di diffondere ideali di antimilitarismo, ideali della migliore tradizione cristiana, umanitari, libertari. Gli ha permesso di parlare a diverse generazioni, di diventare, come disse Paolo Villaggio in occasione della sua morte, uno dei massimi poeti del Novecento, per tutti, non solo per i circuiti antagonisti.
L’utopia oggi, come tutto, ha probabilmente bisogno di essere un po’ svecchiata. Vedendo la storia recente delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi, andando indietro appena di qualche decennio, troviamo comuni hippy, comuni rurali o metropolitane intrise di utopia antimonetaria. Posti da cui il denaro era spesso letteralmente bandito, dove si cercavano di realizzare ideali, peraltro ancora attuali, di autosufficienza alimentare, di autoproduzione attraverso l’artigianato...in altre parole, dove si cercava di sopravvivere al di fuori del circuito di mercato conducendo una vita semplice, paleotecnica e pre-tecnologica, naturalmente eco-sostenibile. Quanto è attuale oggi, questo utopico paradigma comunitario? Chi conosce un minimo la realtà delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi sa bene che realtà che, pur con gli aggiornamenti del caso, aderiscono ancora in un modo o nell’altro a questo paradigma costituiscono un’anima del “movimento”.
Un’anima, direi, che non manca di una sua profonda suggestione e verità e che suggestiona anche me; ha molto di buono!
Il fenomeno comunitario sta conoscendo una “prudente fioritura”. In altre parole sono sempre di più le persone interessate ad esserne più o meno profondamente coinvolte. E’ ancora un fenomeno di avanguardia ma si sta candidando, soprattutto se consideriamo le esperienze di co-housing in nord Europa, ad uscire dalla penombra. La cosa interessante è che si stanno avvicinando sempre di più persone cosiddette “normali”. Questo è già un aspetto che differenzia i nostri tempi dagli anni ‘60 e ‘70 in cui le persone che sceglievano la vita comunitaria erano in un modo o nell’altro facilmente riconoscibili (dal modo di portare i capelli, dal modo di vestire…Verdone, ad esempio, ne e’ stato brillantemente ispirato nella caricatura dell’hippy in Un sacco bello).
Oggi persone che stanno scegliendo di vivere in un co-housing, in una comunità intenzionale o in un ecovillaggio possono facilmente confondersi nella metropolitana di Roma o di Milano.
Possiamo dunque dire che il fenomeno stia subendo, oltre che una prudente fioritura, anche una prudente “standardizzazione” che non vuol dire “omologazione”, vuol dire semplicemente che sta uscendo dalla nicchia.
Questo, a mio modo di vedere, è molto buono nel momento in cui non vedo il motivo di avere “pruriti elitari”.
Vivere in un co-housing, in una comunità intenzionale o in un ecovillaggio può avere molti vantaggi di natura economica (vivere insieme costa meno, nel momento in cui possono essere condivisi diversi beni, dalla lavatrice alla macchina al computer eccetera), relazionale, ambientale e molti altri.
Nel momento in cui il fenomeno sta riscontrando una maggiore diffusione cambiano, giocoforza, i parametri di riferimento. Persone cosiddette normali tendono ad amare l’acqua calda quando si fanno la doccia, a desiderare la corrente elettrica in casa. Di più: navigano, chi più chi meno, in internet, usano il cellulare, vogliono concedersi qualche viaggio in giro per il mondo eccetera eccetera. Ci stiamo insomma allontanando dalla radicalità degli anni ’60 e ’70. Ciò non toglie che il fenomeno comunitario continui a mantenere un afflato utopico. L’utopia rappresenta sempre una necessità se non si vuole diventare, per citare ancora De Andrè, dei cinghiali laureati in matematica pura. Essere utopisti oggi, però, non credo voglia più dire avere una visione “terrifica” del mercato e dei soldi.
Mantenendoci nel presente, non stiamo vivendo un momento facile, la decrescita ha colpito l’Italia (ogni italiano ha disposizione, quest’anno, 1051 euro in meno rispetto all’anno scorso; questo significa che alcuni nostri concittadini non si stanno quasi accorgendo della crisi mentre altri stanno viaggiando, con il collasso degli ammortizzatori sociali, verso una prospettiva di vita a zero euro). Si impennano i licenziamenti, c’è chi si è ridotta a guadagnare 78 euro mensili. A fronte di tutto questo, non mi sembra davvero che la decrescita si stia rivelando “felice” e nemmeno che possa essere sufficiente farsi lo yogurth in casa o coltivarsi i pomodori, le patate o prendere l’acqua alla sorgente piuttosto che al supermercato. Le spese universitarie per i figli, le bollette della luce, del gas, del telefono, le assicurazioni per la macchina, che non può essere sempre sostituita con la bicicletta, non possono essere autoprodotte o barattate; ci voglio, prosaicamente, i soldi.
Vivere in comunità fa spendere meno: ottimo. E’ già un ottimo antidoto alla crisi. Trovo però auspicabile vivere le esperienze comunitarie con i piedi al loro posto, senza illudersi sia sufficiente avere un po’ di terra, l’opportunità di coltivarsi un orto ed un circuito di baratto e di scambio. Intendiamoci: questa può essere una prospettiva possibile, riducendo drasticamente i bisogni ed i desideri. Ci sono centinaia, migliaia di persone solo in Italia che hanno deciso di vivere in questo modo e sono francamente contento ci siano. Trovo tuttavia non sia una prospettiva appetibile per le cosiddette persone normali che sempre più numerose vogliono essere coinvolte in un’esperienza di vita insieme, per le quali è necessaria una cultura comunitaria che tenga, mondanamente parlando, i piedi in terra.
Veniamo ad un esempio pratico. Ho avuto il piacere di intervistare, ultimamente, Triveni, coinvolta in una nuova esperienza comunitaria, ovvero in una nuova comunià Ananda, legata ai villaggi Ananda, fondati da Swami Kriyananda, discepolo di Yogananda, in America, in India ed in Italia. Cito dall’intervista:

«Io abitavo a Lugano fino a due anni fa, ho creato lì un gruppo di meditazione e poi, essendo la città geograficamente vicina a Bellinzona e Locarno, oltre a Como, Milano, Varese, si è creata, circa 4 anni fa, una bella energia di avvicinamento dei gruppi di meditazione presenti sul territorio, in seguito alla quale ho pensato di creare l’Associazione Ananda Insubria. Attualmente ci sono una settantina di associati e l’obiettivo dell’associazione è sostenere la nascita di un’altra comunità Ananda in grado anche di supportare la comunità storica. L’idea era di creare dei business etici che potessero andare a sostenere economicamente la comunità nascente, dando lavoro ai membri oltre a dare un messaggio che oggi è, direi, più che necessario. C’è difatti questo pregiudizio per cui se si è etici per forza non bisogna avere successo ed essere dei poveracci. Kriyananda ha dunque scritto un corso per corrispondenza: Il successo materiale attraverso i principi dello yoga in cui si addentra negli insegnamenti dello yoga per farli compenetrare con le dinamiche lavorative e del business. Sostiene che il vero successo (eticamente sostenibile) è un successo espansivo e non è per pochi. Si ha nel momento in cui si crea prosperità per un’azienda ma anche per chi ci lavora; in una parola: tutti debbono prosperare! Swami ha dato dunque molta enfasi al fatto di creare business. Noi abbiamo dunque creato, al nord, la cooperativa Ananda EcoEnergy a scopo mutualistico. Tutti i soci sono discepoli di Yogananda, siamo tutti sincronizzati sullo stesso sentiero spirituale e scopo della cooperativa è sviluppare il discorso delle energie alternative, in particolare pannelli fotovoltaici. Il nostro fornitore è Stefano Leoperdi e la sua azienda — Renergies Italia — è un’azienda leader, nel nostro paese, nella produzione di “pannelli etici”. Dunque c’è un aspetto di messaggio di salvaguardia del pianeta ma il messaggio più importante è quello di creare un business etico in virtù del quale principi come cooperazione, solidarietà, rispetto dell’altro, il far risaltare le qualità, le risorse del team invece che creare competizione all’interno dello stesso siano un grande presupposto di successo».

Accanto a questo si possono citare altri esempi: quello della comunità Il Forteto, nel Mugello, in cui vivono poco piu’ di cento persone, che fatturava, nel 2004, quindici milioni di euro l’anno esportando prodotti caseari in tutto il mondo, producendo ottima carne chianina ed altri prodotti da agricoltura biologica, su larga scala.
Possiamo anche citare il caso di Damanhur, considerata da Bill Metcalf, sociologo esperto di comunità di fama mondiale e da altre importanti personalità del GEN come una delle esperienze comunitarie più riuscite nel mondo. A Damanhur si contano oltre 60 attività economiche e di servizio.
Cito da sito www.damanhur.org:

«La maggior parte sono cooperative, riunite in un consorzio, che garantisce con il suo marchio la qualità dei loro prodotti, realizzati seguendo principi etici ed ecologici. Le attività damanhuriane spaziano in molti settori: laboratori d’arte — lavorazione del vetro, mosaico, pittura, scultura, restauro — , ristorazione ed agriturismo, informatica, editoria, ricerca terapeutica, bio-architettura e bio-edilizia».

A questo credo meriti aggiungere che il grande dinamismo di Damanhur, il suo incremento demografico, la sua valorizzazione di antichi mestieri e della produzione artistica stanno portando benessere e vitalità nell’area circostante, i cui indici di depressione ed invecchiamento, a quanto scrive il sociologo Luigi Berzano, autore di Damanhur: Popolo e Comunità sono alti ed allarmanti.
In poche parole io credo si debba coltivare la prospettiva di comunità prospere e ben organizzate, in cui benessere e tecnologia non debbano essere oggetto di timore quasi superstizioso. Comunità che è bene lavorino il più possibile in rete, utilizzando lo strumento che, come scrive in maniera un po’ iperbolica Jacopo Fo, protagonista di un’altra esperienza comunitaria con i piedi per terra — Alcatraz — salverà il pianeta: Internet. Trovo sia quantomeno auspicabile si intensifichino gli scambi di link, lo scambio di pubblicità e l’e-commerce nell’ambito del circuito comunitario. Io stesso sono disposto a collaborare: ho già approntato un sito internet — viverealtrimenti.com — in cui ho iniziato a fare un timido e-commerce di libri, in cui ho presentato la maggior parte delle esperienze comunitarie in Italia e diverse esperienze in Europa e nel mondo, in cui sono disposto ad ospitare banner di tutti i siti di comunità o affini che me lo richiedano, oltre a banner pubblicitari per attività ed aziende comunitarie (ad esempio la cooperativa Ananda EcoEnergy o la cooperativa Inner Life, per fare solo due esempi). Trovo auspicabile cresca una cultura di mutuo appoggio tra le comunità intenzionali, gli ecovillaggi, i “comunitari part-time” ed i semplici simpatizzanti riguardo le rispettive attività economiche — perchè comprare l’olio alla COOP se lo posso prendere dal Forteto o da Bagnaia? Perchè rivolgermi a terzi per la consulenza e l’acquisto di pannelli solari se esiste Ananda Insubria? — a livello virtuale e materiale, favorendo in ogni modo, ripeto, la cassa di risonanza del networking.
Il rafforzamento economico del circuito comunitario può agevolare le realtà più giovani che possono inserirsi in un network dinamico e redditizio.
Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi possono contribuire profondamente a costruire un mondo migliore. Per parafrasare Sri Aurobindo, cui si ispira l’esperimento comunitario di Auroville, nel sud dell’India, bisogna saper essere anche “luminosamente materialisti” per farlo.
Grazie dell’attenzione.