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lunedì 1 marzo 2010

Storia del fenomeno comunitario:...e poi è arrivata la New Age!

Per parlare della New Age dobbiamo mantenere un “filo diretto” con gli anni ’60, «che videro il più significativo ritorno alla spiritualità interiore che abbia avuto luogo durante la modernità».
La controcultura che si sviluppò allora, come spiega magistralmente l’antropologo americano Paul Heelas, ha seguito tre principali orientamenti:

«quello diretto a modificare la società dominante (per esempio gli attivisti politici impegnati in dimostrazioni per i diritti civili o contro la guerra in Vietam); quello deciso a rifiutare le regole della società per vivere una vita edonistica (il mondo “decadente” del “sex, drugs and rock & roll”); e quello orientato a trovare modi di vita che permettessero di sviluppare il sé autentico (per esempio compiendo “il viaggio verso l’Oriente”)» (Paul Heelas, La new age, Editori Riuniti, Roma, 1999, p. 62).

Sull’humus di quest’ultimo filone, ha potuto germogliare l’immaginario di una prossima “età dell’acquario”, anche connotato, successivamente, con l’espressione New Age.
Oggi il fenomeno New Age viene spesso stigmatizzato come vacuo e commerciale.
In molti, però, sono convinti che abbia una potente carica modernizzatrice e di “sprovincializzazione del sacro”.
Heelas definisce la New Age «un eclettico calderone di credenze, pratiche e modi di vita».

«Rientrano nel quadro il buddismo esoterico e mistico, il cristianesimo, l’induismo, l’islam [in particolare nella sua versione sufi] e il taoismo, e a questi si aggiungono elementi tratti da insegnamenti “pagani” tra i quali quelli di origine celtica, druidica, maya e degli indiani d’america. Una gamma fin troppo ampia di pratiche: ne fanno parte le meditazioni zen, i rituali wicca, seminari intensivi di illuminazione, corsi di management, attività sciamaniche, terapie spirituali, forme di pensiero positivo» (Ivi, p. 9).

Si potrebbe dire ancora molto. Lo stesso Heelas fa riferimento anche alla pratica del channeling (attività medianica), a tecniche meditative di origine disparata e all’utilizzo di cristalli.
Si potrebbe ancora citare una lista interminabile di massaggi e terapie olistiche di ogni ordine e grado.
Parlare della New Age nei termini di un movimento composito e sincretico, non le rende quasi giustizia.
Sembrerebbe essere ancora di più…

«La New Age trova la sua sede nell’ashram (comunità spirituale) ma anche nell’ufficio di un agente di borsa. Si può contrapporre lo stile di vita di Shirley MacLaine [che propugna la “santificazione del capitalismo”] a quello dei Brew-crew, animati da un rifiuto radicale del mondo, che vivono un ostentato squallore e utilizzano la birra come mezzo per la loro trasformazione spirituale» (Ivi, p. 10).

Tuttavia, pur in questa grande eterogeneità, Heelas segnala un importante comun denominatore: “la sacralità del sé”, dunque la valorizzazione di ogni contatto con la propria spiritualità nascosta.
Un fenomeno così composito non può non avere anche un’anima comunitaria; luoghi dove, attraverso il continuo relazionarsi con il proprio prossimo — dunque con tanti “specchi” (in una prospettiva, un po’ morettina, del “siamo diversi e siamo uguali”) ― la sacralità del sé possa essere percepita e nutrita in maniera più profonda.
Sono due importanti “avanguardie New Age” Findhorn Foundation in Scozia ed Auroville nel sud dell’India, fondate, rispettivamente, nel 1962 e nel 1968 che rappresentano, oggi, due tra le più importanti realtà del Global Ecovillage Network (GEN).

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